Siete curiosi di sapere chi ci dona i suoi pensieri per il primo articolo sul tema Crescere?
Ve la presentiamo subito!! E’ Sabrina Ritorto, una donna, una moglie, una madre, una lavoratrice appassionata! Assistente sociale e mediatore familiare, da settembre 2016 in libera professione!
Grazie davvero a Sabrina per aver accettato di partecipare alla nostra chiamata allo scrivere, immergetevi nel testo, è lei stessa a darvi tutti i riferimenti per conoscerla meglio!
Mettetevi comodi e buona lettura!
Quando ho pensato a cosa volesse dire per me la parola CRESCERE ho provato (quindi c’è stato un passaggio immediato dalla testa all’animo) un senso di confusione interna per la differenza tra la sua etimologia e quanto questa parola, invece, significa per me.
Dal dizionario Treccani: “Crescere: v. intr. e tr. [lat. crēscĕre] – 1. intr. (aus. essere) Diventare più grande, per naturale e progressivo sviluppo, detto dell’uomo, degli animali, delle piante; determinato da un compl. di luogo “sono cresciuto in campagna”; diventare maggiore in relazione a determinate qualità o condizioni (specificate dal complemento introdotto dalle prep. di o in): c. di volume, di peso, di numero; la merce cresce continuamente di prezzo; c. in altezza, in lunghezza, ecc. Riferito a persona: c. d’età, di peso, di statura; c. negli anni, “il bimbo cresce a vista d’occhio”.”
Insomma mi sembra chiaro, la parola CRESCERE ci porta a comprendere il cambiamento in funzione di un dato oggettivo perché misurabile. Centimetri, metri, grammi, kilogrammi, numeri, qualcosa che non si può mettere in dubbio e che ci dice se siamo cresciuti o meno perché il riferimento di questo cambiamento è incasellabile all’interno di una linea guida. Questo numero può anche dirci quali sono le conseguenze previste e percorribili. Strumenti, metodi e tecniche stabilite a priori da altri definiscono o meno la crescita.
Mi spiego meglio: un pediatra usa il metro e la bilancia per misurare la crescita di altezza e di peso di un bambino, poi inserisce questi valori all’interno di una curva della crescita e vi dirà a questo punto come sta crescendo (il percentile, quindi se è nella media rispetto all’universo bambini) e cosa fare o non fare, ad esempio laddove non ci fosse un normopeso.
Quindi altri hanno stabilito gli strumenti di misurazione (bilancia e metro), metodi (valutazione attraverso la curva della crescita) e tecniche (stabilire confini tra sottopeso, normopeso, obeso e conseguenze come fare una dieta alimentare, sport, visite mediche, ecc.).
Inoltre, la parola crescita porta con sé un sottinteso senso di positività, altrimenti sarebbe una decrescita, non importa se infinitesimale ma è sempre un passo in avanti.
Detto questo ora arriva il mio presupposto operativo di assistente sociale che lavora da due anni in libera professione, dopo dieci anni nel pubblico e prevalentemente in un Azienda consortile dove mi sono occupata di Tutela minori, quando parlo di crescita con le persone che a me si rivolgono. Se aveste voglia di capire un po’ meglio la mia storia professionale trovate tutto sul mio sito www.unaiutopossibile.com e pagina fb @unaiutopossibile.
I Servizi usano molto spesso tabelle, grafici per misurare la quantità e quindi la crescita, ad esempio per il numero dei casi in carico, dei reati minorili, degli affidi, degli allontanamenti e decidere poi cosa fare per tutti i soggetti rappresentativi di quell’universo numerico.
La crescita, invece, non è per me un qualcosa che ha a che fare con la misurazione, sicuramente non numerica, oggettivabile e incasellabile ma con la valutazione.
Quali strumenti si hanno per valutare e non misurare la crescita del singolo individuo?
Uno dei motivi del passaggio alla libera professione è stato proprio questo: il voler lavorare con le persone considerandole nella loro unicità e quindi nel poter considerare la loro crescita in maniera individuale fatta soprattutto non solo di positività ma quasi obbligatoriamente di opposizione, negatività, retrocessione.
La crescita non è un percorso lineare in avanti ma più una montagna russa con il giro della morte, l’avete presente, vero?
Ecco perché di volta in volta definisco con la persona quali sono gli obiettivi necessari per apportare il cambiamento desiderato, indico e condivido lo strumento di valutazione e lascio poi al soggetto buttarsi a capofitto per raggiungerli, offrendo il mio supporto e monitoraggio.
Quindi non si misura, non ci sono confini predefiniti, strumenti validi in assoluto per tutti e soprattutto non ci sono conseguenze già previste e prevedibili perché devo tener sempre conto di chi ho davanti a me, dove la crescita non è più fondata sull’utopia ma sulla concretezza. Per far crescere spesso c’è bisogno di imporre dei limiti, che bel controsenso, vero?
Saranno quindi i dati certi (ricordatevi che non sono numeri e non sono interpretabili) a dirci se c’è stata o meno questa crescita e quanto raggiunto sarà per il soggetto non il punto di arrivo ma una nuova partenza verso una ulteriore crescita, perché la cosa meravigliosa è che non c’è un limite (come nel peso, nell’ altezza, nel volume, nel numero di casi) perché la crescita personale ha una intera vita per continuare a diventare, in più o in meno, qualcosa di diverso rispetto a quello che eravamo.
Lasciar andare, perdere qualcosa che portavamo con noi, non vuol dire non essere cresciuto.
Quindi, a meno che ci si trovi in potenziali situazioni di pregiudizio, anche il tempo assume per la crescita una valenza positiva perché non ci obbliga a rispettarlo.
Infine, per i colleghi, sottolineerei che la crescita personale è il punto sul quale costantemente lavorare per spingerci poi verso quella professionale. Sicuramente per me lo è stato nel definire il perché passare alla libera professione, il come farlo e come continuare ad accrescere le mie competenze, non per ultimo arrivando così a costituire lo Studio Associato Integrato 6inEQUIPE (www.6inequipe.it).
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